COMUNICATO STAMPA DEL UFFICIO STAMPA DEL TEATRO MASSIMO BELLINI
prima esecuzione in presenza di pubblico
dell’opera lirica commissionata dal Teatro Massimo Bellini di Catania per rendere omaggio
al magistrato martire in occasione della beatificazione avvenuta il 9 maggio 2021
Musica di Matteo Musumeci, libretto di Vincenzo Vitale.
Il quartetto vocale annovera: il mezzosoprano Chiara Mogini, il tenore Raffaele Abete,
il baritono Vincenzo Taormina e il soprano Francesca Dotto.vVoce recitante GaetanoAronica.
Orchestra del Teatro Massimo Bellini, direttore Aldo Sisillo. L’esecuzione in forma di concerto.
È cronaca di queste ore: la lotta dello Stato contro la mafia vive giornate gloriose che celebrano la vittoria della giustizia, con la consapevolezza che su tratta di un traguardo sempre in fieri, costruito di contro su altre pagine tragicamente insanguinate dal tremendo tributo di vite, pagato dai servitori della Repubblica. Lungo è l’elenco delle vittime, andate incontro eroicamente al proprio destino, in forza degli ideali che guidavano la loro coscienza.
Nel caso del magistrato Rosario Livatino, la missione professionale ed etica coincideva con la dimensione religiosa: StD, ovvero le iniziali di “Sub tutela Dei”: questa la sigla, questo il motto con cui Livatino era solito chiudere le sue annotazioni in agenda, fino a quel 21 settembre del 1990 in cui sarebbe stato ucciso dalla mafia. E Sub tutela Dei. Per il giudice Livatino è il titolo del dramma lirico in un atto appositamente commissionato dal Teatro Massimo Bellini ed eseguito in prima mondiale assoluta, nel tempio catanese della musica, venerdì 9 maggio 2021: lo stesso giorno in cui al mattino l’impavido magistrato veniva dichiarato beato nella cattedrale di Agrigento, la città nei pressi della quale fu raggiunto dai sicari.
L’opera lirica – su musica di Matteo Musumeci e libretto di Vincenzo Vitale – venne eseguita allora in assenza di pubblico e in forma di oratorio, scelta prudenziale a causa dell’emergenza sanitaria che vedeva la Sicilia in zona arancione. Grazie alla sinergia del Teatro Massimo Bellini con Classica HD, l’esecuzione è stata comunque ripresa e trasmessa in differita il successivo 2 giugno, insieme ad uno speciale dedicato alla parabola umana di Livatino.
Dopo un anno e mezzo, Sub tutela Dei. Per il giudice Livatino è stata ora eseguita per la prima volta in presenza di pubblico, sempre in forma oratoriale, nell’ambito della Stagione concertistica del Teatro Massimo Bellini. Due le date in programma: venerdì 20 gennaio ore 20 30 turno A, sabato 21 gennaio ore 1730 turno B. Da tempo il Massimo catanese aveva in serbo, su iniziativa del direttore artistico Fabrizio Maria Carminati, di commissionare un’opera lirica incentrata su questa figura siciliana di eccezionale statura morale e civile. Papa Francesco ha motivato la beatificazione riconoscendo il martirio di Rosario, che subì l’uccisione “in odium fidei”. «Livatino – evidenziava il Pontefice – è un esempio non soltanto per i magistrati, ma per tutti coloro che operano nel campo del diritto, per la coerenza della sua fede, il suo impegno di lavoro e per l’attualità delle sue riflessioni.» Su queste premesse e su questa profonda verità si fonda il progetto che il “Bellini” ha realizzato puntando sull’equazione tra legalità e fede, di cui Livatino è stata la massima incarnazione. La musica porta la firma del rinomato e pluripremiato compositore etneo Matteo Musumeci, il libretto quella di Vincenzo Vitale, al pari di Livatino giurista di formazione cattolica, oltre che raffinato letterato e profondo conoscitore di melodramma.
Di rilievo il cast artistico che schiera nel ruolo del primo giudice il mezzosoprano Chiara Mogini e in quello del giudice Livatino il tenore Raffaele Abete, mentre come primo imputato agisce il baritono Vincenzo Taormina e come secondo imputato il soprano Francesca Dotto;zm voce recitante l’attore Gaetano Aronica. L’Orchestra del Teatro Massimo Bellini sarà diretta da Aldo Sisillo.
E per il suo rilievo etico e civile l’iniziativa vanta il patrocinio di Anm-Associazione nazionale magistrati e Ugci- Unione Giuristi Cattolici Italiani.
L’emozione personale del ricordo è ancora viva in Daniela Lo Cascio, commissario straordinario dell’ente: «Da ragazza, pur immersa nella bellezza della mia Palermo, ho subito i traumi per i tragici attentati ai magistrati. Furono estati oscurate dal sangue, tanto che anni dopo mi sarei identificata nella ricostruzione straniata del film di Pif. Ma l’ora più straziante fu l’omicidio di Rosario Livatino, fu il pianto collettivo per un trentenne virtuoso e mite, per la sua vita spezzata senza rimorso. Eppure la protezione divina che Rosario invocava sopra di sé, quel porsi “Sub tutela Dei”, si è tradotto in attuazione della parola evangelica. È lo stesso Gesù ad ammonirci che il chicco di grano per dare frutto deve morire. E ci rassicura che chi perderà la propria vita per seguirlo, la conserverà in eterno. Al giudice “ragazzino” non è stato dato di invecchiare, ma il suo insegnamento è imperituro e il suo spirito è già tra i beati, una verità che l’opera in prima mondiale prodotta dal Teatro Bellini contribuirà a divulgare tra le genti.»
E sull’arte come veicolo di valori si sofferma il sovrintendente Giovanni Cultrera di Montesano: «Se di norma e per norma è la legalità che tutela l’arte, con Sub tutela Dei. Per il giudice Livatino la prospettiva si ribalta: è l’arte che s’inchina al diritto, è la tradizione del melodramma che lo esalta, è la musica ad alzare un peana al rispetto della legge che Rosario Livatino antepose al sacrificio di sé. Una lezione, anzi una via maestra, quella da lui tracciata. Il giudice ragazzino ci proteggerà dalle ingiustizie. Ad una partitura senza dissonanze somiglia la sua vita perfetta e pia, semplice e al tempo stesso sublime, come la melodia infinita di Bellini. Il Teatro, il nostro, ha voluto tributare un omaggio al martirio di un Eletto, nella consapevolezza che la bellezza dell’arte è la più vicina alla santità dello spirito.»
A vantare i galloni ottenuti sul campo nella lotta alla malavita organizzata è anche il Grand’Ufficiale Luciano Albino Lucifora, da anni consulente amministrativo del Teatro Massimo Bellini, dove è approdato nel marzo 2020 dopo una gloriosa carriera; fra i numerosi incarichi ricoperti, negli anni Novanta è stato infatti nominato, con decreto del Presidente della Repubblica, commissario straordinario antimafia in Comuni sciolti per mafia, mentre l’ultimo ente in cui ha prestato servizio come segretario generale è stata la Provincia regionale di Catania. «Per combattere efficacemente la piovra – afferma Lucifora – bisogna partire da quello che ha detto il beato Livatino, ovvero “dalle parole passiamo ai fatti”; questo giovane giudice in odore di Santità i fatti li ha fatti, rimettendoci la vita a soli 37 anni . Lo stesso insegnamento sosteneva don Di Noto: non basta predicare, bisogna praticare. È necessario che in questa lotta incresciosa ognuno di noi, nella nostra azione quotidiana e nel momento in cui se ne presenti l’occasione, dimostri la sua concreta operatività; solo così può dirsi di avere fornito un’effettiva collaborazione alla magistratura e alle forze dell’ordine, in quanto isolatamente non possiamo raggiungere il risultato sperato di sconfiggere il fenomeno mafioso. Questo il messaggio che il Teatro Bellini intende dare con l’opera lirica commissionata in memoria del giudice Livatino. Un teatro che da circa tre anni è finalmente al centro dell’unanime apprezzamento, vuoi per i risultati che per la trasparenza; anche questa è legalità, basti pensare al compiuto processo di stabilizzazione dei precari.»
L’operazione è stata impegnativa, racconta il direttore artistico Fabrizio Maria Carminati: «La data della beatificazione del “Giudice ragazzino”, fissata per volere di Papa Francesco nel mese mariano di quest’anno, ha dato una spinta decisiva alla realizzazione del lavoro compositivo, portando ad affidare il libretto ad un ex giudice catanese, nonché professore, avvocato e giornalista, che ben conosceva le affinità elettive di Rosario Livatino, ossia Vincenzo Vitale. La musica è stata commissionata ad un compositore siciliano, Matteo Musumeci, rappresentativo del mondo del teatro musicale italiano per frequentazione ed esperienza. Il titolo dell’opera richiama significativamente la sigla “StD” che Rosario Livatino soleva utilizzare per identificarsi. Questo particolare mette di fronte alla sua profonda essenza spirituale, legata ad una fede incrollabile, cui sempre faceva riferimento nella propria professione, diventata ormai una missione.»
In una densa nota del compositore Matteo Musumeci si legge: «Sub Tutela Dei. Per il giudice Livatino op. 108 è un dramma lirico in un atto, che si articola in un prologo, tre scene e un intermezzo. Quest’opera, composta tra febbraio e aprile 2021 su commissione del Bellini, intende esaltare il pensiero filosofico e teologico del “giovane Giudice”. La struttura del libretto ha suggerito la composizione di una musica che muove da stilemi minimalisti per proiettarsi verso slanci lirici, attenti a sottolineare il significato delle parole. Il prologo, declamato da una voce recitante, introduce in un mondo al tempo stesso cupo, intimo e speranzoso. Nella musica viene esaltato il più possibile il ruolo della parola, utilizzando un linguaggio musicale matematico, rigido per certi aspetti, e un’orchestrazione leggera, che infatti non prevede il tradizionale impianto lirico-sinfonico, ma guarda al passato, più classico, a volte con echi barocchi. Questo non ha impedito di dare spazio alla tradizione lirica italiana, come per il duetto che si sviluppa nella seconda scena: un momento musicale puramente melodico, romantico».
Interessante il percorso dell’autore del libretto, Vincenzo Vitale: «Prologo, Epilogo e i due Intermezzi, non musicati ma soltanto detti da una voce recitante, quella di Massimo Popolizio, non sono compositivamente estranei al retaggio, ineliminabile, della lezione della coralità tragediografica attica. Il quartetto conclusivo dell’opera è in forma di sonetto sia per ragioni di compiutezza formale, sia per significare la compenetrazione spirituale dei personaggi in un’unica espressione poetica e canora conclusa, autosignificante. Ho curato che il testo godesse di una sorta di musicalità interna, di un ritmo che ne scandisse i passaggi in modo autonomo e che potesse quasi dettare il tempo alla composizione musicale destinata ad accompagnarlo. In questa prospettiva, ho privilegiato le assonanze, le consonanze, le iterazioni, le allitterazioni, relegando ai margini le rime: queste a volte ci sono, ma non programmate, come dettate dallo stesso senso del discorso.