Comunicato stampa da Caterina Ando’, capo ufficio stampa , riceviamo e pubblichiamo:
Giallo e ironia in “Il mondo non mi deve nulla”, spettacolo ospite del Teatro Stabile di Catania
Pamela Villoresi e Claudio Casadio protagonisti della commedia noir di Massimo Carlotto
Regia di Francesco Zecca, sei rappresentazioni alla Sala Verga dal 3 all’8 aprile 2018
CATANIA – Il cuore di Rimini pulsa tranquillo in attesa dell’arrivo chiassoso dei turisti. Adelmo, un ladro stanco e sfortunato nota una finestra aperta sulla facciata di una palazzina ricca e discreta. La tentazione è irresistibile e conduce l’uomo a trovarsi faccia a faccia con Lise, la stravagante padrona di casa, una croupier tedesca in pensione.
Romanziere di talento ma anche drammaturgo, Massimo Carlotto porta il suo universo “noir” pure in teatro con l’inedito “Il mondo non mi deve nulla”, per la regia di Francesco Zecca che dirige due protagonisti d’eccezione, Pamela Villoresi e Claudio Casadio, che non hanno certo bisogno di presentazioni. La messinscena approda dal 3 all’8 aprile in tournée nazionale nel capoluogo etneo, ospite del Teatro Stabile di Catania alla sala Verga. Le scene sono di Gianluca Amodio, le musiche di Paolo Daniele, i costumi di Lucia Mariani, i disegni gli Laura Riccioli; un team di qualità per la coproduzione realizzata da Teatro e Società, Accademia Perduta/Romagna Teatri e CSS Udine.
Adelmo e Lisa dunque: nessuno dei due corrisponde al ruolo che dovrebbe ricoprire e in una spirale di equivoci, eccessi, ironia e comicità, si sviluppa un rapporto strano, bizzarro ma allo stesso tempo complesso e intenso sul piano dei sentimenti. Adelmo cerca di arginare la precarietà che lo sta allontanando da un’esistenza normale, Lise invece è convinta di non avere più crediti da riscuotere dal mondo intero e sogna che Rimini si stacchi dalla terra e vada alla deriva per l’eternità. Due personaggi infinitamente lontani, nulla li accomuna, eppure entrambi cercano il modo di essere compresi e amati dall’altro. Ma l’amore, anche se si regge su ineluttabili fragilità, può essere in grado di soddisfare desideri, salvare esistenze, rimettere a posto le cose. Una riflessione sul senso che diamo alle nostre vite, sul peso del caso e della nemesi, sulla libertà di scelta delle coscienze.
«Avete mai sentito parlare – sottolinea Zecca nelle note di regia – dell’attrazione del vuoto? Si dice che sia inspiegabile, perché tocca corde sopite che hanno a che fare con la coscienza, chiede attenzione e sensibilità. Quando si parla di vuoto si parla di una forza centripeta, di uno spazio leggero, impalpabile, di un peso netto argenteo. Bisogna conoscere le regole della sua attrazione perché passare da vittima a carnefice è facile, è un gioco di ruolo in cui si confonde la sottile linea di divisione. E come si crea il vuoto? Come ci si svuota? Con la morte? In un certo senso sì. La morte dell’ambizione, la fine di ciò che si chiede a se stessi, ci si svuota degli obblighi e dei vincoli, delle necessità che si credevano importanti. Lo fa Lise. Lo fa Adelmo. Uno strumento dell’altra, necessari e imprescindibili, ma sideralmente distanti. Perché Lise non si permette un’alternativa. Lei che per tutta la vita ha vissuto nel lusso, non si permette il lusso più importante, ingabbiata nella convinzione che “solo i disperati vagano alla ricerca dell’occasione giusta”. E in quello scalino appena prima del vuoto, quando il cuore pare fermarsi e il respiro sospendersi, quando solo il coraggio può farti vedere cosa c’è oltre, Lise decide di chiudere gli occhi per sempre. Per Adelmo, invece, quell’istante di apnea coincide con l’attimo precedente al vagito di una nuova vita.»
Zecca elabora così la distanza incolmabile, ma convergente, che divide e al tempo stesso unisce i due personaggi creati per la scena da Massimo Carlotto, narratore amatissimo non solo dagli amanti del “giallo”.
«L’autore – prosegue il regista – con il suo noir lascia la possibilità di muoversi in un testo pieno di molteplici opzioni. Il suo testo non patteggia per nessuno, non salva nessuno, è un testo senza vincitori e senza vinti ma è anche un testo senza Dio che restituisce all’uomo la chance di guidare i suoi propri fili fino alla fine. È dunque un testo ideale per un regista che voglia dare una sua personalissima interpretazione. Di questa battaglia senza vincitori né vinti, senza eroi, di questo testo in cui da un lato c’è chi sceglie che il mondo non gli deve più nulla e dall’altro chi va a prendersi ciò che ancora il mondo gli deve, io ho scelto di lasciarmi tentare dal vuoto come fa Lise resistendogli come fa Adelmo.»